Daily Media 6 luglio 2012

Sassoli de Bianchi ha concluso la seconda e ultima giornata del Summit di UPA “Per tempi difficili, voci forti” con una lista delle priorità, il manifesto programmatico dei prossimi tre anni di presidenza che il consiglio UPA sta per rinnovargli, il prossimo 19 luglio. Una Rai pubblica, indipendente dalla politica, dalle audience, e dalla pubblicità almeno in parte. Dalle indagini condotte presso gli opinion leader emerge che gli italiani ritengono necessario il servizio pubblico, e lo ritiene anche Sassoli, ma con un cambiamento che deve avvenire nella governance stessa dell’azienda e anche nel modello di business. Via la politica e anche un po’ di pubblicità, così da ridurre la sudditanza dall’audience. Il problema, però, è l’evasione del canone, la più alta in Europa: «E’ la tassa più odiata. Ben sei milioni di famiglie non lo pagano. Il problema è che la Rai si è omologata sulla tv commerciale, che ha una logica diversa». Rinunciare alla pubblicità su un canale «per noi significa andare contro i nostri interessi, ma ne guadagnerebbe il sistema. Comunque l’Upa, che fa la seconda parte del bilancio Rai, sente la necessità di dare un futuro al paese attraverso il servizio pubblico e la Sipra». Su internet e banda larga: «Oramai il web vale oltre un miliardo di euro in pubblicità, ma lo scarso sviluppo della banda larga è molto penalizzante per l’economia italiana». La banda larga è fondamentale anche perché tutti i mezzi devono fare i conti con la digitalizzazione, anche quelli più tradizionali, anche la stampa «l’editoria non morirà mai, solo l’editore garantisce credibilità all’informazione». Lo strapotere televisivo in Italia dipende dalla scarsa propensione all’acquisto dei giornali e anche alla lettura. Rimanendo sul tema dell’eventuale insidia monopolista rappresentata da Google, Sassoli ha chiarito che il vero problema è il ruolo di intermediario che il motore di ricerca sta assumendo tra investitori e mezzi. Infine sulla crisi: «La riduzione dei consumi è dovuta alla recessione che colpisce duro, ma anche alle imposte che si sono fatte insopportabili, l’aumento dell’Iva è molto grave. Anche in questo contesto la pubblicità svolge un ruolo propulsivo. Chi investe ha per definizione fiducia nel futuro. Innovare e parlare dei prodotti significa dimostrare che il sistema economico reagisce, le aziende più coraggiose sono quelle che usciranno più forti». La giornata di ieri è stata dedicata all’impatto dei social network sul consumo dei media e, più in generale, sull’esistenza dell’individuo. Non abbiamo più il senso della misura, se pensiamo che sui social vengono caricate 964 foto al secondo, ogni anno vengono scambiati 107 trilioni di email di cui l’89% è spam; vengono aperti 274mila blog e pubblicati 670mila nuovi libri l’anno, senza considerare l’auto publishing e ogni secondo almeno un’ora di contenuti video viene caricata su YouTube. Il sito del governo italiano dedicato alla spending review ha raccolto, nella prima settimana di vita, ben 95mila idee. Tutto questo chiacchiericcio sul web ha un senso, un’utilità rispetto agli obiettivi della comunicazione? C’è chi crede di si, come Philip Napoli, docente di media measurement alla Fordham University di New York, che ha presentato un progetto di misurazione delle audience proprio a partire dal traffico di informazioni sui social network. Oppure Michael Tchong, fondatore di Social Revolution e guru del social engagement marketing. La sessione dedicata alla creatività è stata animata da Johannes Kastner, fondatore della Kastner&Partners, con la case history di Red Bull, e dal direttore creativo esecutivo di Publicis Bruno Bertelli, che ha riportato l’attenzione sul tema della credibilità nell’advertising: quel patto che lega la creatività al suo destinatario e che se tradito non può più essere ricostruito.