DailyMedia 27 ottobre 2014
Tutto programmato, bene! Faccio armi e bagagli e me ne vado a casa. Oppure ne approfitto e mi concedo un paio di aperitivi. Fosse così facile sarebbe anche sterile e probabilmente poco interessante. Invece l’ormai esplosa era del programmatic regala ma pretende anche applicazione e organizzazione a priori. Roberto Barberis, sales director di Dada, ci spiega l’importanza della strategia dietro la macchina, del comunicare, dell’aggregare informazioni, così da allargare conoscenza ed esperienza.
Il media programmatic in Italia: quali sono le opportunità più significative e le sfide più interessanti per gli operatori e gli spender?
«Il contatto diretto aiuta la crescita del rapporto. Possiamo essere più vicini sia alla domanda sia all’offerta mettendo il tutto in contatto diretto e costante».
Il mercato del programmatic video si sta espandendo: qual è la strategia del vostro gruppo in questo campo?
«Stiamo lavorando in maniera importante sulla raccolta degli editori. Vogliamo creare un’offerta paese aggregando tutte le PMI editoriali che fanno fatica a gestire il video sul mondo del programmatico. Questo perché la tecnologia aiuta, poi però occorre avere competenze operative per erogare sugli spazi adv degli editori le immagini dei nostri clienti. Serve aggregazione per dare valore al perimetro editoriale italiano. Diamo al nostro basket di urls un servizio per aumentare il cpm medio».
Quali sono i principali consigli che fornite ai vostri interlocutori per realizzare al meglio l’attività di programmatic video?
«Svolgendo un’attività di servizio su un ad network di circa 12,500 editori la cosa che suggeriamo è di cercare di fornire traffico in maniera costante, giorno dopo giorno; l’importante è lavorare sulla media mese e non su picchi che spesso sono difficili da gestire. Affidabilità e trasparenza delle urls, le quali sottoscrivono un contratto con noi».
Le attività di programmatic buying potranno davvero rivoluzionare il mercato del buying? O magari lo stanno già facendo?
«Il programmatic ti dà il contatto diretto con lo spender. Questo facilita la crescita di interazione delle strutture che non hanno una forte capacità di penetrazione nel tessuto della vendita. Un buon servizio sul programmatic significa posizionarsi e gestire. Tutto ciò avrà sicuramente un effetto importante sulle vendite quando gli attori sul mercato saranno pronti».
Sul fronte della misurabilità come si sta evolvendo il settore? Quali le modalità più utilizzate?
«E’ un argomento molto complesso, una di quelle cose di cui il web si vanta (il web è misurabile al confronto di altri media, ma allora perché il grosso dei budget è ancora destinato agli investimenti sul piccolo schermo?) e da cui riesce a produrre una quantità esagerata di variabili. Di fatto l’unico misuratore al momento attendibile sul panorama video è comScore; ma comScore è un punto di vista statistico, ovvero il “campione” può essere usato come proiezione di un dato più grande, mentre gli investitori cercano anche di capire l’effettiva visualizzazione dei Video e anche qui ci sono diversi strumenti a disposizione. Quello che ancora gli investitori faticano a comprendere è la necessità di una strategia. L’utente che sempre di più utilizza smartphone, tablet o pc a volte subendo passivamente l’influsso di un altro media, si trasforma in qualcosa di più complesso e più intelligente da gestire rispetto a un fruitore passivo, bisogna fare operazioni di comunicazione dedicate e stimolanti».