DailyMedia 18/01/2017 

I rilevamenti dell’attesa, “nuova”, ADS basata sull’altrettanto rivisto regolamento messo a punto dalla Commissione Lavori dell’organismo di cui è presidente Carlo Mandelli sulla base delle linee-guida espresse dal CdA nello scorso luglio e dell’audit effettuato da Reply, potrebbero partire fin da gennaio, consentendo così agli accertamenti delle diffusioni di essere omogenei per tutto l’anno appena iniziato. Il Consiglio che dovrebbe approvarlo è stato infatti convocato per il 3 febbraio, in modo che, entro la metà appunto del prossimo mese, se sarà approvato, tutti gli editori possano fornire i loro dati che, per quotidiani e settimanali, verranno poi resi pubblici a marzo. I mensili, come si sa, slittano di un mese, per cui, in questo caso, bisognerà aspettare aprile per avere quelli sempre di gennaio. Ovviamente, il CdA potrebbe sollevare obiezioni, ma va tenuto presente che il nuovo testo è stato messo a punto anche dopo i necessari e legittimanti confronti con le authority che erano state coinvolte quando scoppiò il caso delle copie multiple digitali dopo le prese di posizione di Condé Nast e, cioè, Antitrust e AgCom. La sostanza del nuovo regolamento – come DailyMedia è in grado di anticipare e come per altro sta nella logica delle cose – è che sarà decisamente più rigido, in modo da ridurre fortemente se non eliminare del tutto il pericolo che le copie digitali non siano state effettivamente attivate, al di là delle piattaforme attraverso le quali vengono distribuite. Il riscontro necessario e ineludibile sarà quello di una traccia tecnologica precisa, attraverso specifici codici di applicazione, dell’avvenuta, univoca e nominativa (per evitare anche interventi di robot) downlodizzazione della singola copia, che deve quindi risultare esser stata fatta da una precisa e identificabile persona (al di là del fatto che poi la legga, ma questo è un problema di Audipress). Il problema, quindi, non riguarda tanto gli abbonamenti singoli che, in quanto tali, producono automaticamente una copia diffusa al giorno ma, come era emerso quando era scoppiato il caso nello scorso marzo, gli abbonamenti multipli e le copie vendute a intermediari che, a loro volta, le distribuiscono (o, almeno, dovrebbero) attraverso le piattaforme che gestiscono. Il primo caso è quello frutto di un accordo diretto tra editore e una società o un’associazione esterne, il secondo è quello della cessione “a stock” di un certo quantitativo di copie a un “broker” che dichiara poi di metterle a disposizione di potenziali e finora non verificabili utenze. Il nodo andava risolto in entrambi i casi. Nel primo perché, comunque, l’acquisto in blocco di un certo numero di abbonamenti da parte, supponiamo, di una banca per i suoi direttori di filiale, non significava automaticamente che questi ultimi poi le attivassero; nel secondo, per analoghi motivi ancora più evidenti: il fatto che – teoricamente per altro – le copie siano a disposizione, anche in questo caso supponiamo, degli ospiti di una catena di alberghi, non vuol dire di per sé che questi ultimi le scarichino. Con il nuovo regolamento, invece, ogni singola copia digitale dovrà essere attribuita a un’altrettanto singola utenza. Questo dovrebbe cancellare anche la possibilità che a un cliente istituzionale cui l’editore vendeva già una certa quantità di abbonamenti cartacei possa essere offerto nel pacchetto, se non gratis a poco prezzo, anche un certo numero di copie digitali funzionali solo ad aumentare le copie diffuse per i fini pubblicitari dell’editore stesso. Per altro, sussistono ancora promozioni sulle copie cartacee (come ha rivelato anche, per un quantitativo pari a circa 18.000 copie quotidiane, l’auditing commissionato dal Sole 24 Ore a Protiviti), ma sembra un fenomeno in fase discendente. In ogni caso, durante l’assemblea del quotidiano confindustriale dello scorso 22 dicembre, è stato chiarito che: “per quanto riguarda i ricavi pubblicitari, la correlazione tra andamento delle copie e andamento della raccolta del giornale non è direttamente proporzionale nel caso specifico de Il Sole 24 Ore, in quanto si tratta di un quotidiano specialistico che ha il suo valore nel target di utenza raggiunta attraverso una molteplicità di prodotti e canali”. E sempre a proposito di quest’ultima testata, c’è da registrare che ADS ieri ha smentito un articolo del Fatto Quotidiano che ipotizzava che il “monitoraggio” e la “certificazione” del Sole 24 Ore stesso avrebbero potuto essere sospesi per aver “dichiarato dati falsi sulla diffusione”.