Dailynet 21/07/2014

La pubblicità evolve in modalità impensabili fino a solo qualche anno fa. E sul fronte internet la componente tecnologica è sempre più rilevante e centrale. Non solo: rappresenta anche un fattore abilitante, in grado di apportare sostanziali miglioramenti al settore. In questo contesto abbiamo assistito negli ultimi anni al fiorire del programmatic buying, ovvero la vendita della pubblicità web in modo automatico, senza l’intermediazione dell’uomo. Marketplace che fanno incontrare l’offerta degli editori con la domanda degli inserzionisti, mettendo in moto un circolo virtuoso che dà nuova linfa al mercato. «Sicuramente l’advertising online tende verso il programmatic – afferma Ivan Lodi, direttore marketing di Banzai -. Tuttavia non bisogna sottovalutare l’importanza della creatività e lo scopo principale della pubblicità: vendere prodotti e servizi. Solo così il programmatic può rappresentare una grande spinta al mercato».

Programmatic: tutti ne parlano ma è davvero un’opportunità?

«Direi proprio di sì. Sono anni ormai che sentiamo la parola programmatic e pian piano ci stiamo attrezzando anche noi italiani. Resta da capire meglio quali siano le vie migliori per gestire questa attività e comprenderne l’impatto. Per

esempio, gli advertiser hanno adesso strumenti come i dati, che nel passato non possedevano e che possono sfruttare a loro vantaggio. Ma solo se sono capaci di interpretarli».

Il mercato però fatica ancora ad affermarsi.

«È vero: basta pensare che in Usa il 25- 30% dei budget online è programmatic. In Italia si scende al 2,5%. Il che può essere visto come una grande potenzialità. In ogni caso bisogna intendere il programmatic come una modalità che facilita e rende più efficiente il processo di buying».

E il video programmatic?

«Beh, gli italiani amano il video: siamo proporzionalmente il Paese che investe più nel video, probabilmente anche a causa del forte legame che abbiamo con il piccolo schermo. È un comparto destinato a crescere. E lo farà di pari passo con il programmatic».

Come Banzai avete già approntato un’offerta in questo senso?

«Sì. Banzai chiude private deal sulla propria inventory video. Una inventory che in generale non è ancora così sviluppata come quella display, ma che è molto ricercata dagli spender. E questo è uno dei suoi principali punti di forza».

Com’è possibile migliorare l’attività di video programmatic? Quali consigli fornite ai vostri interlocutori?

«Penso che chi opera nel settore deve avere ben chiaro che il programmatic è un processo che snellisce l’acquisizione e la vendita della pubblicità, facendo risparmiare in termini di costi e dando visibilità a chi magari non possiede una forza commerciale. Però è necessario tenere bene a mente quelli che sono gli obiettivi dell’advertising, ovvero la vendita di un prodotto o di un servizio. Per farlo occorre una creatività forte ed efficace in un contesto editoriale in cui possa essere colta».

Una cosa ancor più vera nel caso del video.

«Sì, i video devono stimolare la volontà di fruizione da parte degli utenti. Ed è qui che ritorna il discorso della creatività: deve essere messa al posto giusto nel momento giusto, in modo tale da rendere davvero efficiente l’acquisto in programmatic. Affinché ciò sia possibile, però, serve che tutti gli attori del comparto pubblicità online si sforzino per risolverne le criticità ed esaltarne le positività».

Misurabilità e advertising online. Anche di questi due fattori se ne parla spesso, qual è il suo giudizio?

«Uno dei cavalli di battaglia del mondo web è la sua facile misurabilità, specialmente se rapportato ad altri media. Un grande punto di forza che permette di capire l’impatto delle proprie attività di comunicazione per correggerle nel caso occorresse».

Però…

«Però anche qui non bisogna perdere di vista gli obiettivi: la misurazione è al servizio dell’advertising online, non viceversa. Vediamo di ricordarcelo».