AdvExpress 19 luglio 2012

Nell’ampio dibattito sollevato dalla gara Poste Italiane, che ha visto l’intervento, su ADVexpress, prima di Marco Fanfani, Ceo Tbwa\Italia e ieri di Dario Mezzano, Ceo Euro Rscg Milano, si inserisce oggi la voce di Beppe Facchetti, presidente Assorel, che in risposta all’editoriale di Salvatore Sagone su ADVexpress dichiara in una nota inviata ad Adv Express di cui si riportano alcuni stralci: “La denuncia dell’editoriale di Salvatore Sagone sull’oggettiva miseranda remunerazione del lavoro nel caso di importanti gare (e di importanti agenzie), purtroppo riguarda tutti. Tutta la comunicazione, anche le capital saving relazioni pubbliche, e più in generale tutto il mondo dei servizi. Stiamo dando vita a Confindustria Intellect anche per questo: per vedere insieme problemi trasversali e cercare soluzioni di qualità. E di dignità, vien da aggiungere. Non è possibile che per far lavorare un team di tre persone, la disputa sia tra 45 mila e 60 mila euro, e che la percentuale destinata a coprire il lavoro scenda addirittura sotto il 2%. Il punto che colpisce di più – nella denuncia di Sagone – è quello che riguarda i giovani. Tra precariato, basse remunerazioni, deviazioni forzate rispetto alle proprie aspirazioni e ambizioni, stiamo ormai buttando via un’intera generazione, che abbiamo avviato ad un’Università forse troppo facile e troppo astratta, mostrando già lì che la strada del merito e della qualità conta ben poco. Le statistiche ci dicono che un ragazzo su 4 non lavora e non studia; statistiche che nascondono dati peggiori, perchè non registrano quelli che si sono già rassegnati, e il lavoro non lo cercano proprio. In Assorel, i colleghi ci segnalano che la controtendenza tiene (+2% nel 2011), ma ci dicono anche che l’occupazione è ferma, se non in calo. Ed era sempre cresciuta. Non si può andare avanti a lungo se le aziende privilegiano il fatturato apparente agli utili, il “giro” della liquidità allo sviluppo vero. Quello che ad esempio in UK ha privilegiato la specializzazione, fatto nascere nuovi filoni, incoraggiato nuove professionalità. E’ necessario un patto imprenditoriale tra mercato, UPA, agenzie, associazioni di categoria (le quali ultime è qui che devono trovare la propria ragion d’essere). Un patto per salvare la dignità di un mestiere che poi anche in Italia – Cannes permettendo – era cresciuto e si era qualificato, attirando le decine di migliaia di giovani che affollano le Facoltà di comunicazione. Un patto insomma che sia anche un soprassalto di orgoglio professionale, da trasmettere ai colleghi che operano nelle aziende, i cosiddetti fornitori. Alle agenzie l’imperativo di resistere alla tentazione del dumping, al mercato il compito di ricordare che senza buona comunicazione saranno i prodotti a rimetterci.