DailyNet 10/10/2018
Prosegue il percorso del “Libro Bianco sulla comunicazione digitale” che ieri ha raccolto l’intera industry per sviscerare miti e tabù sulla Brand Safety e sulla Brand Policy, già oggetto della seconda edizione aggiornata del Libro Bianco. Presidenti e Direttori delle Associazioni aderenti (Assocom, FCP Assointernet, Fedoweb, Fieg, Iab Italia, Netcomm, Unicom, Upa) hanno ribadito il loro impegno e l’importanza di un tavolo comune che faciliti il dialogo e premetta un confronto costruttivo per trovare un punto di convergenza tra le esigenze tra le diverse componenti rappresentanti il mercato. Brand policy chiare Alberto Vivaldelli, Responsabile digital UPA ha aperto i lavori, sottolineando l’importanza del contesto in cui è inserito il Libro Bianco della Comunicazione Digitale: oltre alla Brand Safety vera e propria, ossia l’offerta di un contesto trasparente e controllato che escluda l’accostamento di un brand a un contenuto inappropriato, sta assumendo sempre maggiore importanza la Brand Policy, la gestione dei contesti in linea con le specifiche policy del brand scelte e indicate per ogni campagna di comunicazione. “Il libro offre alle aziende linee guida per i brand sia pre, sia durante, sia post campagna per minimizzare le minacce e massimizzare le opportunità. In particolare pre campagna, la brand safety può essere garantita, ad esempio, attraverso strategie di black e whitelisting, l’uso delle keywords, trasparent traffic, scegliendo un’inventory diretta piuttosto che aggregata nell’audience da terze parti, definendo brand policy chiare basate sulla selezione accurata dei contesti indesiderati e condividendole con tutta la filiera (anche contrattualmente) insieme alle logiche di misurazione (e dei provider di misurazione) sulle quali non ci sono ancora degli standard. Anche post campagna si può fare molto, ad esempio, attraverso la reportistica che permetta di avere uno storico da confrontare per evitare la ripetizione di problemi in futuro”. L’auspicio è che lo sviluppo delle tecnologie e delle competenze in questi ambiti porti la gestione dei contesti di delivery della pubblicità digitale a diventare un asset per gli investitori pubblicitari, e non solo un elemento di potenziale criticità. Ampliare le strategie Giorgio Galantis, Presidente FCP Assointernet e Alessandro Furgione, Consigliere FCP Assointernet, hanno evidenziato i rischi legati all’utilizzo delle sole strategie più diffuse, come un eccessivo ricorso alle blacklist (di domini o sezioni) quale strumento principale per l’attivazione della propria brand policy. Strumento che, soprattutto in contesti di comunicazione qualificati, molto spesso rischia di impedire il raggiungimento del volume di impression prefissato in sede di pianificazione. Lo stesso pericolo s’incontra con le interminabili liste di keywords che, peraltro, comportano falsi positivi e falsi negativi. Inoltre, i rappresentanti di FCP hanno voluto ricordare che il passback, una tecnologia che consente all’editore di monetizzare le chiamate che sono state scartate/bloccate da strumenti di Ad Verification nella modalità di acquisto reservation, spesso per limiti tecnici non restituisce affatto la chiamata e quindi distrugge il valore per gli editori.