DailyMedia 22/07/2014

A quattro anni dal lancio la Condé Nast chiude il cartaceo del mensile Myself e lo trasforma in un super canale digitale all’interno del sito di Vanityfair.it. I conti della casa editrice però sono a posto, conferma il presidente di Condé Nast Giampaolo Grandi, che non vede altre chiusure all’orizzonte della casa editrice, e la raccolta pubblicitaria del primo semestre è in linea i risultati dell’anno scorso. La factory creativa interna nel 2013 ha generato circa 4 milioni di euro di fatturato. La raccolta digitale pesa per il 12% e l’anno scorso rappresentava il 9% del totale: ecco perché la Condé Nast punta sul web per sfruttare il marchio Myself, il cui pubblico ideale consuma informazione sempre più sull’online e sempre meno sulla carta, e così gli investitori pubblicitari. Non sono quindi abbastanza le 100mila copie diffuse tra vendite in edicola (70mila) e abbonamenti (30mila), quando i presupposti per restare in gioco sul mercato pubblicitario erano stati fissati a 200mila, e per di più a differenza di altri marchi del gruppo, Myself non ha un’apprezzabile declinazione internazionale. «I consumatori si sono spostati dalla carta ai mezzi digitali – spiega Grandi – e anche i clienti si stanno orientando in questo senso, sono diventati selettivi e quindi continueranno a investire sulla stampa ma con molta meno frequenza. Ma il conto economico di un mensile come questo dipende al 70% dalla pubblicità». «Sono convinto – dice ancora Grandi – che Myself sia comunque uno dei migliori giornali che ho contribuito a realizzare, grazie anche all’eccellente lavoro svolto dalla redazione », che non verrà né licenziata né messa in solidarietà, ma con la quale sono in corso trattative per eventuali uscite consensuali. Il problema non è quindi la qualità del giornale ma il cambiamento del mercato che ha inciso profondamente sulla redditività. Del resto Myself non va bene nemmeno nelle edizioni straniere: in Germania scricchiola, la versione inglese – Easy Living – è stata chiusa l’anno scorso. Secondo i dati presentati dal coo Domenico Nocco, la raccolta pubblicitaria di Myself è inferiore del 30% rispetto al break even. Nel primo anno di vita il giornale ha fatturato 5,3 milioni in adv, ora sono 4 milioni scarsi «ma ce ne servivano 7» dice Grandi, e i presupposti per un recupero non ci sono. Il deputy general manager di Condé Nast Fedele Usai precisa che il giornale non si rivolgeva specificatamente ai 20 top client della casa editrice, ma alle multinazionali del largo consumo come Procter&Gamble «che ha appena dichiarato di investire il 70% dei budget nel programmatic». Territorio che peraltro Grandi non vuole esplorare, così come non è interessato a entrare nel progetto Gold 5 lanciato da Rcs, Banzai, Manzoni e Italiaonline: «In certi luoghi vogliamo brillare per la nostra assenza – motteggia – e per quanto riguarda la vendita della pubblicità online vogliamo creare prodotti innovativi o eventualmente un programmatic premium ». Se è vero che le “grown up multitasking women” si rivolgono di più al digitale, allora la risposta è il super canale di servizio che verrà costruito nel portale di Vanityfair.it, per beneficiare di un traffico di 6,5 milioni di utenti unici al mese. Complessivamente, il sistema di siti proprietari «puri – precisa Usai – ossia che non aggregano altri interessi» genera 13 milioni di utenti undici mensili. Vogue ne vanta 2 milioni, Wired oltre 3,5 milioni. A questa offerta si aggiungerà, sempre in autunno, una app per il mobile. I progetti digitali comunque non finiscono qui. A fine settembre per i 50 anni di Vogue sarà pubblicato l’intero archivio digitalizzato della “bibbia della moda”, un progetto che è costato un anno di lavoro e sarà in lingua inglese, dedicato sia al pubblico consumer che btob, quindi con parte dei contenuti a pagamento. A novembre ci sarà il lancio di un nuovo progetto editoriale dedicato alla bellezza, che avrà anche una declinazione sul territorio. Sempre a settembre sbarcherà su CN Live Nowness, il magazine multimediale di LVMH. La piattaforma video proprietaria di Condé Nast vanta un fatturato di 500mila euro a tre mesi dal lancio. Per quanto riguarda Vanity Fair, è in arrivo (sempre in autunno) un nuovo approccio strategico e commerciale di brand.